Storia della Diocesi e della città
Sezione artistica
Storia della Cattedrale
La Cattedrale di Alessandria, posta nel centro della città, non presenta purtroppo quelle caratteristiche di severa antichità, proprie delle Chiese Cattedrali di altre città italiane. In vero Alessandria aveva una Cattedrale, bellissima, che risaliva al XIII sec., potremmo dire coeva alla fondazione della nuova realtà comunale voluta per contrastare le occupazioni territoriali promosse da Federico Barbarossa ma fu abbattuta nel 1803 per esigenze di presunta strategia militare, ordinata da Napoleone Bonaparte. La prima chiesa Cattedrale, con il titolo di S. Pietro, era stata fabbricata tra il 1170 ed il 1175 sull’area dell’attuale piazza centrale. Ma risultando troppo piccola per le esigenze della comunità alessandrina, fu atterrata e sostituita da un secondo edificio, su disegno dell’architetto Ruffino Bottini da Casale, il quale la costruì in stile di transizione lombardo-gotico. La fabbricazione iniziatasi nel 1288, fu ultimata nel 1297. Il campanile costruito al pari della chiesa, veniva finito soltanto nel 1630. La porta maggiore scolpita da Innocenzo da Petrobono era inaugurata il 6 aprile 1384. Si ha notizia di un restauro generale nel 1585. Purtroppo questa seconda e bella Cattedrale scompariva come già detto nel 1803. Il Capitolo, dopo breve sosta nella chiesetta dell’Annunziata, nell’attuale via Rattazzi, si trasferiva il 19 febbraio 1803 nella chiesa di S. Alessandro. Il 17 agosto dello stesso anno, ottenne da Napoleone, in sostituzione della vecchia Cattedrale, la chiesa di S. Marco. Questa, in stile gotico con quattro grandi cappelle laterali, esisteva già nel 1234, data nella quale risulta affidata ai Canonici regolari di S. Marco da Mantova. Passò quindi, ai Domenicani del B. Salomonio dal 1253 fino al 1794, anno in cui venne occupata per esigenze militari, dal governo francese e adibita prima a vari usi e poi come quartiere. Il convento attiguo, veniva trasformato in prigione correzionale della Città e a Dipartimento giurisdizionale. La chiesa di S. Marco, concessa quale nuova Cattedrale, era però ridotta in pessimo stato. Fu necessaria una ricostruzione quasi totale e questa, su disegno dell’architetto Cristoforo Valizzone, si effettuò tra il maggio 1807 e il novembre 1810. Si ebbe così una chiesa in stile neo-classico, in stridente contrasto con le parti vecchie conservate: cioè il voltone della navata centrale e le colonne. Il 1 dicembre 1810, con la benedizione impartita dal Vicario Generale di Casale Mons. Francesco S. Salina, era riaperta, non più con il titolo di S. Marco, ma con quello dei Santi Pietro e Marco. Il solenne e processionale trasferimento del Capitolo da S. Alessandro al Duomo, causa la pioggia abbondante, fu rimandato al giorno seguente, 2 dicembre, come da narrazione delle cronache legate all’evento. L’attuale decorazione interna risale al 1926-29 e si fece dopo il terribile incendio che nella notte tra il 1 ed il 2 settembre 1925 tutto sconvolgeva e distruggeva nella Cattedrale alessandrina. Il Vescovo S.E. Mons. Nicolao Milone si sobbarcò il duro compito di portare a nuovo splendore il massimo tempio diocesano e con le offerte degli alessandrini, alle quali si erano aggiunte quelle più consistenti di SS. Pio XI, del Comm. Perego Lavagetto, del Sen. Teresio Borsalino, nella primavera del 1926 si potevano iniziare i lavori di restauro. La decorazione, in seguito a concorso, veniva affidata al Prof. Giorgio Boasso di Torino mentre la parte figurativa al Prof. Luigi Morgari. Il capo-mastro Giuseppe Sacchi, alessandrino, si assumeva le opere murarie. Nell’aprile 1929 venne promossa l’inaugurazione dei restauri, che coincideva così con la celebrazione cinquantenaria dei precedenti lavori svoltisi tra il 1874 e il 1879. Il Capitolo della Cattedrale, in coincidenza allo svolgersi dei lavori, ancora una volta, si trasferiva provvisoriamente nella chiesa di S. Stefano.
Storia della città di Alessandria
La formazione della città di Alessandria avviene intorno alla metà del 1100 (precisamente la tradizione indica la data del 24 aprile 1168) con la costruzione di quattro quartieri: Rovereto, Marengo, Gamondio e Borgoglio, che diedero vita al nucleo centrale della città e che ancora oggi danno nome ai quattro rioni alessandrini. Una delle prime manifestazioni degli abitanti, mentre ancora proseguivano i lavori di fortificazione della città, fu la costruzione del Duomo. Nacque così nel 1170 la Cattedrale dedicata a S. Pietro, posta nel bel mezzo della piazza, ora detta della Libertà, la cui facciata era rivolta verso la Contrada Larga, oggi via dei Martiri, ed era in linea con l’attuale via Verdi. Gli Alessandrini come riportano le cronache in segno di amicizia e di gratitudine offrirono al Papa la loro Cattedrale e, in virtù di questo gesto, il popolo metteva nelle mani del Pontefice Alessandro III le sorti della città, sancendo così il legame della città con il papato. La Diocesi di Alessandria fu istituita con la Bolla di Papa Alessandro III datata 1176, ma i problemi della Diocesi cominciarono quasi subito, tanto è vero che i primi due secoli di vita furono piuttosto tormentati con numerose diatribe sorte con la Diocesi di Acqui, da cui inizialmente i territori della Diocesi di Alessandria erano controllati. Di fatto, i primi quattro Vescovi regolarmente eletti non esercitarono le loro funzioni in Alessandria. Fu proprio per questo che Papa Alessandro III nel 1176, nel tentativo di chiarire la situazione, stabilì delle precise linee direttrici in cui fossero chiari i confini di influenza delle due Diocesi (confini che ancora oggi determinano l’assetto territoriale dell’alessandrino). Venne stabilito che il confine doveva correre lungo il fiume Tanaro, entrava poi nel basso Monferrato, precisamente nelle zone di Lu, Cuccaro e Fubine; comprendeva Quargnento, Solero, Felizzano, Villa del Foro, Oviglio, Bergamasco e Carentino; e le terre di Casalcermelli, Castelspina e Portanova. La direttrice principale, come si vede, si sviluppava verso la Liguria e quindi verso le terre di Acqui. Nel 1180 Alessandro III ratificò la costituzione del Capitolo dei Canonici della Cattedrale stabilita “De assensu cleri et populi”, del nuovo Vescovo eletto Ottone e confermò ai Canonici le chiese già assegnate in Titolo e prebenda: S. Maria di Gamondio, S. Dalmazio di Marengo, S. Michele di Solero, S. Stefano di Borgoglio, S. Trinità di Oviglio, S. Andrea di Rovereto, S. Agostino di Foro. Sempre nel 1180 il Papa nel tentativo di sanare il grave dissidio con Acqui, che assumeva connotati assai gravi, cercando di salvaguardare la posizione di Alessandria, unì le due Diocesi sotto il titolo della seconda ed annullò l’elezione del nuovo vescovo di Alessandria Ottone, non potendo e non volendo procedere alla sconferma dell’Ordinario di Acqui, al quale impose la residenza di Alessandria. Tuttavia Ottone, eletto ad Alessandria, non accettò la destituzione e Umberto, Vescovo di Acqui, non si mosse dalla sua sede; il Papa per non inasprire il conflitto decise di congelare la situazione, che rimase tale sino al 12 maggio 1205, anno in cui Papa Innocenzo III incaricò alcuni Presuli, fra i quali il Vescovo di Tortona, di provvedere di un Ordinario Diocesano Alessandria, secondo le disposizioni di Papa Alessandro III del 1180. Il Vescovo Ugo Toninelli si dimostrò favorevole ad accettare le disposizioni papali e si trasferì ad Alessandria. Dopo alcuni incontri con gli alessandrini e gli acquesi, i Legati Pontifici procedettero all’unificazione delle due Diocesi, stabilendo nuove condizioni che furono ribadite e definite in un Breve dell’8 giugno 1205 dallo stesso Pontefice Innocenzo III, nel quale si stabiliva un solo Vescovo, due sedi principali cioè doppio titolo, residenza dell’Ordinario sei mesi in una e sei mesi nell’altra sede, le più importanti celebrazioni ad anni alterni in Alessandria e Acqui, evitando attentamente la prevalenza di una sede sull’altra. Chiaramente fu una decisione che scontentava un po’ tutti: gli alessandrini che aspiravano ad un Vescovo “non a metà”, gli acquesi che vedevano in questa decisione una soppressione di fatto della loro Diocesi o quanto meno un notevole ridimensionamento. Il Toninelli, che per primo non gradì la sistemazione della faccenda, il 12 novembre 1213, adducendo motivi di salute, si dimise dall’incarico di Vescovo a “metà” di due Diocesi. Nel 1218 Alessandria stipulava un’Alleanza politico-militare con Acqui, e la questione vescovile veniva in parte accantonata con un espediente che almeno all’apparenza accontentava tutti. Si decise di non nominare più Vescovi con doppia residenza. La Diocesi di Acqui quindi non vantava più giurisdizione su quella di Alessandria, almeno nella nomina vescovile. Alessandria veniva governata a partire dal 1235 da un Arcidiacono, quale Vicario eletto Capitolare. Era questa una situazione giuridicamente corretta in quanto la sede di Alessandria veniva unita a quella di Acqui, ma questa si guardava bene dall’interferire e quindi Alessandria veniva governata dalla seconda carica pontificia (Pro-Episcopo), visto che la prima di fatto era vacante. Questa situazione rimase tale sino al 1405, anno in cui Innocenzo VII nominò Vescovo di Alessandria l’alessandrino Bertolino Beccari. Da allora in poi la sede di Alessandria non rimase più vacante. Si apre così la serie di 39 Pastori: tutti lasciarono un notevole segno della loro guida; parecchi per numerose opere benefiche, taluni per diplomazia e altri meriti di ordine religioso e civile; cinque di essi raggiunsero la Porpora Cardinalizia.
Sezione liturgica

La storia della città e della diocesi sono profondamente intrecciate con la presenza dei santi e con lo sviluppo della cattedrale, che ne rappresenta il cuore spirituale e simbolico. Fin dalle sue origini, la città ha visto sorgere luoghi di culto che hanno rappresentato la volontà della comunità di avere un punto di riferimento per la propria fede e la propria identità religiosa. La cattedrale, in particolare, ha assunto un ruolo centrale nella vita della città, diventando il luogo in cui i fedeli potevano ritrovarsi per pregare, celebrare i sacramenti e vivere momenti importanti della loro vita spirituale.
La costruzione delle prime cattedrali rifletteva il desiderio della comunità di creare uno spazio in cui poter incontrare Dio e crescere nella fede. Questi luoghi erano spesso edificati grazie ai contributi e al lavoro dei cittadini stessi, che vedevano in essi un segno tangibile della presenza di Dio in mezzo a loro. La cattedrale divenne così non solo un edificio, ma un simbolo dell’unione e della forza della comunità cristiana.
Durante il periodo napoleonico, la cattedrale fu ricostruita, un evento che segnò un momento particolarmente importante e simbolico per la comunità cristiana. Questa ricostruzione avvenne in un periodo storico caratterizzato da grandi cambiamenti e incertezze, ma fu anche l’occasione per manifestare la volontà di rinnovare la propria fede e di riaffermare la centralità di Dio nella vita della città. La ricostruzione rappresentò, quindi, una vera e propria rinascita della fede, un segno del desiderio di mantenere viva la presenza di Dio nonostante le sfide e le difficoltà dell’epoca.
La nuova cattedrale, accolta con grande entusiasmo dai fedeli, divenne rapidamente un punto di riferimento per la vita spirituale della città. Non era solo un edificio imponente, ma un luogo in cui tutti potevano sentirsi uniti nella fede, condividendo la propria devozione e trovando conforto nelle celebrazioni liturgiche. La cattedrale divenne, così, il simbolo della resilienza della comunità cristiana e della sua capacità di rinnovarsi e adattarsi ai cambiamenti della storia, pur mantenendo saldo il proprio legame con la tradizione e la fede.